Testimonianza di Quetti Fausto Piero – Artogne

Noi giocavamo in Piazza Roma (ora Lorenzetti) e si batteva verso la chiesa. Come battitori eravamo un po’ scarsi, c’era solo Giodèp de Finadri, ma quando Gepe Mondinini di Gianico, che era un eccellente battitore, ha cominciato a venire a morose da Rica Andreoli è passato con la nostra squadra  abbiamo molto migliorato. Col Piancamuno ce le mischiavamo, ma con quelli di Gianico perdevamo sempre. Ad Artogne le cahe le segnavamo con dei ramoscelli verdi. Alla festa dei patroni SS. Cornelio e Cipriano veniva sempre a giocare anche il Reverendo Don Martino Rebuffoni che fermava la Bala con la tonaca e tutti dicevano: “belfà iscie”.
Fra quelli che giocavano mi ricordo Peluchetti Checco Cavala del ’24, poi emigrato in Australia; Martinelli Gian Bettino Catì, morto sul lavoro in Grecia. Poi c’erano: Otelli Giacomo dei Toti che era del 1898, Peluchetti Campsichì del 1908, Martinelli Francesco Balì del Robatidür 1928, Otelli Franco Segrestà del 1930 ed il giovane Dante Dalmarga.
Molti minatori, quando ritornavano in paese per la fine del cantiere, la prima cosa che facevano era di venire in piazza a giocare a palla o almeno per vedere; ma tanti emigrati non sono più tornati.
Per non fare preferenze andavamo a bere una volta all’Osteria del Calabrì e l’altra all’Osteria di Ettore Fassina, che stanno una di fronte all’altra. Quando veniva a giocare il battitore del Rogno Renzino faceva sempre “pahada”, c’era poco da fare perché buttava la balla sulla pianta di noce che c’era in fondo alla piazza, vicino alla stalla di Findo, dove adesso c’è il ristorante La Curt.

Luigi Barbieri

Artogne